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ALLENAMENTO
Nella parte superiore di questa sezione, potrete prendere contatto con me per qualsiasi chiarimento o informazione dettagliata, complando il foglio di COMMENTI negli appositi spazi.
Ho cambiato spesso metodologie e sperimentato sul mio fisico diverse teorie riguardo l'allenamento. Tutt'ora considero il "cantiere" aperto e i "lavori ancora in corso", anche se posso affermare con certezza di aver gettato solide fondamenta. Le diverse esperienze maturate nel corso di questi ultimi 10 anni attraverso inevitabili errori, hanno rappresentato il miglior banco di prova per arrivare fino qua e raggiungere un livello di costante crescita e un buon mantenimento (fine ultimo, dal mio personale punto di vista, per chi affronta l'ultramaratona con piglio agonistico).
Se è vero che l'alimentazione di un ultramaratoneta va calibrata su misura, senza però prescindere da comprovati elementi scientifici di fondo, vale il medesimo concetto anche per ciò che riguarda l'allenamento. Ho sempre rifiutato il modello "qualunquista" basato sull'applicazione generica priva ( o comunque povera) di qualsiasi riferimento oggettivo personale. Le famose "tabelle standard" di preparazione (solitamente stilate per distanze minori, fino alla maratona), possono tornare utili come prima indicazione di massima nei confronti del neofita, purchè rispettino i crismi del buon senso (cosa che spesso latita tra le righe e i numeri di quasi tutte le tabelle in commercio). Penso quindi, a fronte di dialoghi e scambi di opinioni con preparatori e atleti di tutte le categorie, che sia impensabile stilare un programma serio, coscienzioso, in mancanza di una approfondita conoscenza personale dell'atleta. Quando per "profonda conoscenza" s'intende l'insieme dei parametri fisilogici (età, peso, altezza, pulsazioni, valori ematici, ecc.) e di quelli abitudinari di vita(tipologia di lavoro svolto, ore impegnate per allenamento, abitudini alimentari, storia agonistica dell'atleta, ecc.). Ulteriori parametri e non certo di poco conto, intervengono proprio nell'ambito dell'ultramaratona. In primis la definizione stessa di ULTRAMARATONA, che non può in alcun modo comprendere a largo spettro tutte le distanze, per definizione etimologica, superiori a quella canonica della maratona. Per fare un esempio pratico: sarebbe impensabile circoscrivere nello stesso ambito (quindi creare una base alimentare e di allenamento) una gara di 50 km ed una di 24 ore. Appare evidente quanto siano distanti sia da un punto di vista della preparazione e della gestione fisica, sia per quella mentale, così come per l'alimentazione e il reintegro pre gara, in gara e post gara. Per di più la durata temporale della gara segna già di per sè una linea di confine sulla quale iniziare a disporre dei paletti: tempo a disposizione per allenarsi, gestione della fatica, tempi per il riposo e cura dell'aspetto psicologico (paramentro che non compare in alcuna "tabella standard", ma di fondamentale importanza). Ecco allora che risulta necessario operare delle nette distinzioni in relazione a questi fattori, al fine di mettere in atto una preparazione mirata a seconda del tipo di sforzo da sostenere in gara e del modello allenante da predisporre in maniera personalizzata per arrivarci nelle migliori condizioni, alla gara. Qualcuno, anzi ancora tanti purtroppo, credono possibile una semplificazione di tutto ciò, utlizzando il vecchio sistema della "trasposizione", ossia modificando un tanto al chilo (in questo caso al chilometro) i piani di allenamento generici proposti per la maratona, e adattandoli all'ultramaratona con qualche banale e casuale aggiunta chilometrica. In realtà si sa fin dal principio che questa non è la strada giusta, ma a volte ci si convince o per mancanza di tempo o per quella forma di "comodità cerebrale" con la quale ci si giustifica nei confronti di tutto ciò che in qualche modo ci spaventa. Come anche domandare un consiglio. Questa non è nemmeno la strada del famoso "buon senso", anzi la definirei proprio come la via del "rischio". Il "fai da te" su qualcosa di così complesso come la gestione dell'atleta di ultramaratona può alla lunga portare a danni anche gravi, sia fisici che psichici. Non dimentichiamo mai che la fatica è un elemento difficile da gestire. O s'impara a farlo divenire un alleato, oppure nell'istante in cui si trasforma in un nemico, provoca solo guai.
Prima di tutto è utile sapere che "fare chilometri" senza utilizzare altri sistemi di allenamento, adattamento e mantenimento, non solo è poco qualificante ai fini della prestazione, ma più che altro è il sistema migliore per durare poco nel tempo. Il nostro corpo è la meravigliosa ed armoniosa miscela di fibre muscolari, cellule, cartilagini, ossa e fasce tendinee. Il tutto viene amministrato da un apparato cerebrale. Qualcuno crede ancora che per correre si utilizzino solo le gambe e quindi, per assioma, correre molto significa muovere molto le gambe. Così facendo, trascurando se non addirittura abbandonando completamente lo sviluppo ed il buon funzionamento degli altri apparati muscolari, l'elasticità delle fasce tendinee e tutti i comparti periferici, si pretende di mantenere giovane la "macchina corpo". Sarebbe come avere l'assurda pretesa di mantenere il buono stato della nostra automobile, cambiando solo periodicamente i pneumatici.
Preparare il corpo umano ad uno sforzo che prevede la "resistenza nel tempo" del suddetto sforzo, significa adattare ogni sua componente a questo fine ultimo. Per farlo è quindi necessario procedere in maniera uniforme, ovvero senza trascurare alcun elemento del corpo stesso. Devono essere presi in considerazione strumenti che portino ad un miglioramento della forza generale, della resistenza alla forza, della soglia anaerobica, della soglia aerobica, dell'elasticità muscolare, del recupero molecolare ed organico, della forza mentale.
LA FORZA
L’allenamento della forza in chi pratica corsa veloce o di resistenza passa attraverso le esercitazioni a carico naturale e con sovraccarico (in palestra). I maggiori distretti allenati sono i polpacci, le cosce, il bacino, gli addominali, i dorsali e le braccia.
I principali mezzi di allenamento sono il circuit training (sviluppo generale e specifico), l’allenamento della forza rapida, esplosiva e resistente, e l’allenamento dell’azione propulsiva degli arti inferiori (balzi, corsa balzata, salite con traino, ecc).
L’allenamento della forza resistente viene eseguito attraverso carichi intorno al 50% rispetto al massimale, per un elevato numero di ripetizioni (lavoro in frequenza).
Il lavoro di forza rapida si sviluppa mediante carichi variabili da un minimo di 50 ad un massimo di 70% rispetto al massimale.
L'INTEGRAZIONE SPORTIVA
Facciamo un pò di chiarezza
L’atleta è caratterizzato da un maggior dispendio energetico rispetto al non atleta; ciò naturalmente è strettamente e direttamente correlato allo specifico programma di allenamento.
I punti fondamentali da considerare quando si parla di alimentazione ed integrazione sportiva sono:
impegno metabolico dell’allenamento e della gara;
idratazione;
apporto proteico;
preparazione nutrizionale della gara;
pasto che precede la gara, razione di attesa prima della gara;
alimentazione solida e/o liquida durante l’allenamento e/o la gara;
razione di recupero dopo l’attività sportiva;
integratori dietetici specifici: integratori di amminoacidi ramificati, amminoacidi essenziali, creatina, arginina, carnitina, destrosio, glutammina, maltodestrine, proteine, sali minerali, ZMA, e alimenti proteici;
doppio allenamento giornaliero;
partecipazione a tornei e a grandi manifestazioni sportive;
periodi di riposo, ripresa della preparazione atletica;
infortuni.
OBIETTIVI NUTRIZIONALI
Obiettivi nutrizionali principali per gli atleti:
apporto sufficiente di energia,
apporto maggiore di carboidrati,
apporto maggiore di acqua.
Obiettivi nutrizionali secondari (e comunque in relazione alla pratica sportiva svolta):
apporto adeguato di proteine,
apporto adeguato di minerali,
apporto adeguato di vitamine,
apporto adeguato di fibra.
L’attività sportiva, solo se effettuata a livello agonistico, deve essere considerata un’attività particolare da un punto di vista dietetico, in quanto in essa prevale significativamente, rispetto all’attività normale, il lavoro muscolare ed un cero tipo di impegno psichico.
Le caratteristiche che distinguono gli atleti agonistici, dalla popolazione generale, sono rappresentate da un aumento del fabbisogno di energia direttamente correlato all’effettivo dispendio energetico; ecco perchè quando parliamo di atleti, dobbiamo necessariamente parlare anche di integratori alimentari.
INTEGRATORI ALIMENTARI DIETETICI
Gli integratori alimentari dietetici in vendita comprendono una vasta e differenziata gamma di prodotti: gli integratori di sali minerali, le vitamine, i nutrienti energetici, gli estratti vegetali, gli integratori di amminoacidi ramificati, ecc. Queste sostanze hanno lo scopo di integrare la normale razione alimentare, qualora non sia possibile farlo con i soli alimenti.
L’utilizzo di integratori alimentari deve tener conto di:
giusta dose;
corretto periodo di utilizzazione;
eventuali controindicazioni connesse alla possibile concomitanza di patologie e/o condizioni cliniche che ne sconsiglino l’uso.
Inoltre devono rispondere a esigenze nutrizionali particolari:
persone il cui processo di assimilazione o il cui metabolismo è perturbato;
persone che si trovano in condizioni fisiologiche per cui possono trarre benefici dall’assunzione controllata di talune sostanze negli alimenti;
lattanti o i bambini nella prima infanzia.
Secondo le linee guida del ministero della sanità (circolare n°8 del 7/6/99), la vendita di “integratori alimentari per lo sport” è “collocabile” nelle seguenti categorie:
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Prodotti finalizzati ad una integrazione energetica
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Prodotti con minerali destinati a integrare le perdite idro-saline causate dalla sudorazione
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Integratori di proteine
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Integratori di aminoacidi essenziali e ramificati
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Altri prodotti con valenza nutrizionale, adattati ad un intenso sforzo muscolare
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Combinazione dei suddetti prodotti
INTEGRATORI ENERGETICI: ALCUNE REGOLE FONDAMENTALI
Sono prodotti energetici a base di carboidrati con vario grado di polimerizzazione (vedi maltodestrine).
Devono essere integrati con vitamine del gruppo B (B1, B2, B6, PP) e vitamina C (eventualmente con altri nutrienti ad azione antiossidante).
Qualora siano presenti lipidi polinsaturi in quantità più che significative, è necessaria un’ integrazione di vitamina E (0,4 mg per ogni grammo di acidi grassi polinsaturi).
SUDORAZIONE ECCESSIVA: integratori di sali minerali per le perdite idrosaline (+ eventuale aggiunta di carboidrati)
Questi integratori contengono elettroliti, la cui concentrazione, nella forma pronta all’uso, deve essere:
Sodio non più di 45.0mEquiv/l corrispondente a 1035mg/l
Cloro non più di 36.0mEquiv/l corrispondente a 1278mg/l
Potassio non più di 7.5mEquiv/l corrispondente a 292mg/l
Magnesio non più di 4.1mEquiv/l corrispondente a 50mg/l
La presenza del magnesio è auspicabile
Gli integratori di elettroliti sono indispensabili soprattutto per le attività la cui durata supera l'ora. L’aggiunta di sodio migliora il sapore dei liquidi da ingerire. L’aggiunta di carboidrati, invece, può aumentare l’assorbimento intestinale dell’acqua, ma il loro compito principale è quello di fare da rifornimento di energia in attività di durata superiore all’ora. Soluzioni concentrate (10% di carboidrati) possono richiamare liquidi verso il tubo digerente (per un effetto osmotico) e quindi paradossalmente causare disidratazione.
Temperatura dell’acqua
Le bevande fresche (4-10°C) lasciano lo stomaco più rapidamente di quelle calde; esse risultano gradevoli e non sembrano determinare effetti negativi durante lo sforzo prolungato.
“integratore domestico” opportunamente preparato: 20-60 g di zucchero e ½ cucchiaino di sale da cucina disciolti in 1l di acqua, aggiungendo succo di arancia e/o di limone, oppure succhi di frutta diluiti con acqua, in modo da ridurre la concentrazione di zuccheri del prodotto di base.
Vendita di integratori proteici
L’indice chimico delle proteine utilizzate deve essere pari almeno all’80% di quello della proteina di riferimento FAO/OMS.
Le calorie fornite dalla quota proteica devono essere dominanti rispetto alle calorie totali del prodotto. Deve essere presente vitamina B6 in quantità non inferiore a 0,02 mg per grammo di proteine.
L’apporto totale di proteine (dieta + integratore di proteine) non deve essere superiore a 1,5 grammi al giorno per chilogrammo di peso corporeo. In caso di uso prolungato (oltre 6-8 settimane) è necessario il parere del medico.
Il prodotto è controindicato nei casi di patologia renale, epatica, in gravidanza e al di sotto dei 12 anni.
Vendita di integratori con amminoacidi ramificati ed essenziali
L’uso di integratori di amminoacidi, quando confrontato con l’uso di prodotti proteici alimentari consumati all’interno di un pasto bilanciato, non sembra mostrare effetti favorevoli sulla sintesi proteica e sull’accrescimento delle masse corporee; in realtà questi integratori potrebbero essere qualificati come “prodotti nutrizionalmente poveri” rispetto alle proteine contenute negli alimenti in quanto mancanti di tutti quei fattori nutrizionali che aumentano la biodisponibilità reciproca dei nutrienti presenti negli alimenti. Inoltre, gli integratori di amminoacidi sono costosi ed il loro uso può rappresentare un pericolo per la salute, oltre che un potenziale fattore in grado di favorire il radicarsi di una dipendenza psicologica verso l’integratore stesso.
Gli integratori di amminoacidi possono essere suddivisi in 2 classi principali: gli aminoacidi ramificati e gli aminoacidi essenziali.
Integratori di amminoacidi ramificati
Di maggior rilievo, parlando di integrazione sportiva, sono sicuramente gli aminoacidi ramificati, i quali sono rappresentati dalla leucina, isoleucina e valina. La quantità di assunzione giornaliera non deve essere superiore ai 5 grammi (come somma dei tre ramificati), preferendo il rapporto 2:1:1, rispettivamente di leucina, isoleucina e valina; è consigliabile l’associazione con vitamine B1 e B6.
Le integrazioni di proteine e di aminoacidi devono essere somministrate con particolare cautela da parte del medico; è evidente che si tratta di prodotti per i quali è particolarmente delicata l’adozione della posologia più adatta. Le controindicazioni ne sono una testimonianza.
Va precisato che apporti proteici pari a 1,4-1,7g/kg di p.c./die (150-212% rispetto ai valori consigliati dai LARN) sono generalmente ritenuti idonei a soddisfare gli aumentati fabbisogni proteici nella maggior parte della popolazione sportiva; tuttavia, in alcuni casi ben selezionati, può essere utile aumentare il consumo di proteine fino ad un massimo di 2g/kg di p.c./die, per garantire un bilancio di azoto positivo per tutti quegli atleti che sono più severamente impegnati, e per tutti coloro che hanno la necessità di incrementare la dotazione muscolare, come accade negli sport di potenza.
In linea di massima si può affermare che, apporti proteici significativamente maggiori rispetto al fabbisogno della popolazione generale (0,7-1,0 g/kg p.c./die) sono realizzabili con la normale razione alimentare, senza alcuna necessità di ricorrere a specifici prodotti dietetici costituiti da proteine e/o singoli aminoacidi.
Integratori di creatina
La creatina deriva dagli aminoacidi e ha la funzione di fare da riserva di fosfati energetici a livello muscolare. Questa sostanza alimentare è normalmente presente nella carne e l’organismo è in grado di produrla a partire dagli aminoacidi glicina e arginina.
Se la dose di creatina è pari a 4-6 grammi al dì, questa non può superare un periodo di assunzione pari a 30 giorni. Oltre tale periodo, la dose deve scendere e non superare i 3 g/die.
La creatina presente in una normale razione alimentare, unitamente a quella prodotta dal nostro organismo, è più che sufficiente a coprirne i fabbisogni giornalieri. Pertanto, risulta poco comprensibile il motivo per cui dovrebbe essere “consigliata” agli atleti una dose di 4-6g/die, sia pure per periodi limitati a non più di 30 giorni. Il diffuso ricorso all’uso di creatina è quindi finalizzato ad una sua ulteriore “additivazione”, con lo scopo di migliorare, in maniera artificiosa, la prestazione.
La maggior parte degli studi non ha evidenziato particolari effetti nocivi dovuti all’assunzione acuta o subacuta di creatina, ma vi sono ricerche che ipotizzano anche un effetto cancerogeno, considerando la creatina come un possibile fattore di crescita tumorale. In particolare un approfondito studio dell’Agenzia Francese sulla Sicurezza Sanitaria degli Alimenti (2001) ha confermato i rischi di effetti cancerogeni derivanti dall’assunzione di creatina. Inoltre non va dimenticato che le dosi di creatina normalmente assunte dagli atleti, soprattutto dai frequentatori delle palestre e dai body builders sono ben superiori di quelle massime indicate e, inoltre, perdurano per lunghi periodi.
SITI, DISPENSE E TESTI CONSULTATI:
Mc Ardle W., Katch F., Katch V. ALIMENTAZIONE NELLO SPORT Casa Editrice Ambrosiana, 2001
Fidanza F. ALIMENTAZIONE E NUTRIZIONE UMANA Gnocchi Editore,1996
www.sinu.it/larn/vit_idro.asp
www.sinu.it/larn/vit_lipo.asp
L. Boscariol – Appunti delle lezioni di dietetica, nutrizione ed alimentazione umana – Docenti: Prof.ri E. Canducci ed E. Ballarin.
A. M. Costantini, C. Cannella, G. Tommasi – Fondamenti di nutrizione umana – Il pensiero scientifico editore - 1999
L'INTEGRAZIONE CON AMINOACIDI
Articolo tratto da: Metabolismo degli amminoacidi nell’attività fisica: solo sintesi proteica? – relatore: Claudio Stefanelli delDipartimento di Biochimica dell’ Università di Bologna.
Fabbisogno proteico nei soggetti fisicamente attivi
Un quesito logico è se un’attività fisica regolare implichi un accresciuto fabbisogno di aa. Il presupposto di questa domanda è che nelle attività dinamiche, come corsa e ciclismo, gli aa sono attivamente ossidati, mentre le attività in cui viene sviluppata la forza portano all’ipertrofia. In entrambi i casi quindi, l’organismo potrebbe richiedere un surplus di aa. In realtà però nessuno studio ha mai risposto con certezza a questa domanda e spesso in letteratura si trovano risultati contrastanti. E’ interessante notare che l’attività fisica svolta regolarmente migliora sensibilmente l’efficenza con cui l’organismo utilizza gli aa, per cui, secondo alcuni autori, in realtà il fabbisogno alimentare di proteine nello sportivo è addirittura diminuito e non certo aumentato. Occorre anche considerare che, in soggetti abituati ad una dieta contenente alte quantità di proteine, la diminuzione improvvisa del contenuto proteico porta rapidamente ad uno stato catabolico delle proteine muscolari, con perdita di massa magra.
Mediamente, la maggioranza di autori ritiene che il fabbisogno giornaliero per soggetti che praticano sport di endurance sia compreso tra 1,2 e 1,7 g/kg di peso in relazione all’intensità dello sforzo, con i livelli più alti riservati agli atleti di elite. Per quanto riguarda invece le attività di forza, viene ritenuto congruo un fabbisogno giornaliero di circa 1,3 g/kg. In linea di massima, se l’alimentazione copre il fabbisogno energetico dell’organismo e contiene una quantità “normale” di proteine, che forniscano circa il 12-15% dell’energia totale, non dovrebbe essere richiesta alcuna integrazione con proteine, anche in atleti durante i periodi di allenamento.
Integrazione con amminoacidi ramificati
L’assunzione di aa ramificati è una pratica molto diffusa tra gli sportivi, per cui gli effetti sul metabolismo proteico sono stati studiati da diversi ricercatori. E’ stato riportato che l’assunzione per via orale di aa ramificati (77 mg/kg) prima dell’esercizio aumenta significativamente i loro livelli sia ematici che tissutali e questo aumento è correlato all’inibizione della degradazione delle proteine muscolari, favorendo quindi l’anabolismo. Risultati analoghi sono stati ottenuti mediante diversi dosaggi e/o tempi di somministrazione.
Il meccanismo mediante cui gli aa ramificati forniti esogenamente esplicano il loro effetto positivo sull’anabolismo delle proteine muscolari è verosimilmente correlato ai meccanismi, descritti nei capitoli precedenti, che influiscono sulla stimolazione della sintesi e sull’inibizione del catabolismo delle proteine. Benchè durante l’esercizio fisico aumenti l’ossidazione degli aa ramificati, non si è mai potuto dimostrare che l’integrazione con aa ramificati provochi un effetto positivo sulla performance conseguente al loro impiego come fonti energetiche. In effetti, diversi studi sono concordi nell’evidenziare che l’integrazione con aa ramificati non modifica significativamente la performance fisica. Quindi, gli effetti positivi degli aa ramificati a livello muscolare sono dovuti sostanzialmente alla loro capacità di favorire l’anabolismo delle proteine.
L'INTEGRAZIONE CON PROTEINE DEL SIERO DEL LATTE
Le proteine del siero del latte sono composte da albumine e globuline, e vengono utilizzate per ridurre il dolore dovuto all'indolenzimento muscolare post allenamento. Contengono aminoacidi solforati e circa il 25% di amminoacidi ramificati.
Queste proteine sono caratterizzate da un elevato valore biologico e sono in grado di proteggere i nostri muscoli dai danni ossidativi associati allo sforzo muscolare. Tale azione viene assolta in quanto le proteine del siero del latte favoriscono la produzione di GSH (glucatione) da parte del nostro organismo.
Altre caratteristiche delle proteine del siero del latte:
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elevata solubilità e digeribilità;
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rapida assimilazione;
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basso indice glicemico;
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compatibili con coloro che sono intolleranti al lattosio.